Se parliamo di cibo dobbiamo parlare di acqua. Pensare a una gastronomia di qualità che rispetti l’ambiente e il processo di crescita delle piante e degli animali comporta in gran misura pensar circa l’uso, la gestione e la distribuzione dell’acqua. Alcuni esperti prevedono che le guerre del prossimo futuro, saranno (o meglio sono) non più per il petrolio né per l’oro, minerali o gas, ma per l’acqua.
Non è necessario spiegare l’importanza di questo bene, abbiamo bisogno di acqua per ognuna delle attività che compiamo e per l’uso in agricoltura che in definitiva fa giungere sulle nostre tavole prodotti di origine diversa e, a seconda del processo, di diversa qualità.
Per una somma di fattori socio-economici sembra improbabile che le persone che leggono questo post siano persone che soffrono di carenza di acqua, ed è per questo che ci spetta la consapevolezza della responsabilità che abbiamo rispetto a questo tema. Voglio semplicemente invitare alla riflessione e, se possibile, alla messa in pratica di soluzioni che ci offrono alcuni esperti.
Panorama Generale
Secondo dati delle Nazioni Unite 1.100 milioni di persone in tutto il mondo sono prive di un approvvigionamento di acqua e più di 2.600 milioni vivono senza accesso a un sistema adeguato di servizi igienico-sanitari
(ONU). Se non fosse abbastanza, la domanda di acqua aumenta ad un tasso doppio rispetto alle statistiche di crescita della popolazione mondiale. Nel 2025 (nella peggiore delle stime) la domanda potrebbe arrivare ad un 56% in più rispetto alla fornitura (Articolo).
Con uno scenario po’ macabro cito all’ex Vice Presidente della Banca Mondiale Ismaele Serageldin che una volta disse: “Le guerre del XXI secolo saranno per l’acqua”
Dal punto di vista impresariale è il prodotto perfetto: la domanda è costante, crescente e non ha concorrenza, in quanto non v’è alcun sostituto. Molte aziende hanno visto il suo potenziale e si è formato un settore specializzato nella privatizzazione dell’estrazione e del controllo dei servizi idrici (TNInstitute). Un fatto allarmante è che due società hanno il controllo del 70% del mercato dell’acqua. (Per illuminare un po’ le dimensioni del business di queste aziende possiamo dire che la più importante di esse possiede un utile di 2,5 trilioni di dollari all’anno Forbes).
“Quello che sappiamo è una goccia d’acqua; ciò che ignoriamo è l’oceano”. Isaac Newton
Tutto ciò che sta accadendo con il controllo del mercato sulle riserve idriche del pianeta è stato definito accaparramento mondiale dell’acqua (TNInstitute). Occorre pensare che il mercato dell’acqua non si limita all’estrazione, ma comporta anche vari tipi di infrastrutture (dighe, serbatoi, centrali idroelettriche, canali e sistemi di irrigazione). Il business dell’acqua è così fruttuoso che sono stati persino creati fondi di investimento specializzati in questo settore.
Il futuro del controllo dell’acqua non è deciso, per fortuna ci sono voci positive e proposte interessanti; persone e gruppi che lottano attivamente affinché il sistema cambi. Sperando che l’acqua smetta di essere considerata come un “bene economico” per diventare un bene pubblico.
Come ad esempio la già citata Susan George (Presidente del gruppo ATTAC in Francia) che in un’intervista per la CNN España ha dichiarato che l’acqua dovrebbe essere considerata un bene pubblico universale: “(…)Penso che non dovrebbe essere gratis, solo i primi 40 o 50 litri dopodiché il prezzo dovrebbe salire molto bruscamente. Così possiamo chiedere alle persone che hanno piscine, ai ricchi di pagare per i bisogni idrici di base dei poveri.”